IL Surrealismo
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Intorno al 1922 si va esaurendo la forza di Dada che lascia comunque terreno fertile per il germogliare di nuove esperienze artistiche. Tra queste è utile segnalare l’attività di Breton che nel 1924 con il Primo Manifesto rielabora e sviluppa le teorie dadaiste, riducendone l’impatto polemico e provocatorio, fondando anche la rivista “Littérature”, luogo d’incontro e scambio tra alcuni scrittori, Paul Eluard, Benjamin Peret, Robert Desnos, ed altri, i quali iniziano a formulare teorie capitali alla base della pittura surrealista. Il mondo onirico, la scrittura automatica, il subconscio, le illusioni e la fantasia sono le chiavi di accesso che vengono utilizzate dagli artisti surrealisti, attratti e volti soprattutto ad analizzare e a rappresentare il mondo dell’immaginario e le deformazioni della realtà. La condizione di “veggenza” dell’artista è messa in primo piano proprio per evidenziare la particolare predilezione per il mondo che, come in “Alice nel Paese delle Meraviglie”, sta oltre lo specchio, al di là di ogni legge, di ogni regola di senso e della logica. Sostegno colto a questo tipo di teorie viene dato dai contenuti degli scritti di Nietzsche, Freud e Marx. Parlare di surrealismo significa comunque tenere in considerazione tendenze diverse all’interno della sfera del mondo dell’immaginario e del visionario. Lo stesso Max Ernst, già appartenente a Dada, al momento del trasferimento a Parigi nel 1922 incomincia a realizzare opere cariche di allucinazione ed elementi irreali, frutto del procedimento delle associazioni automatiche. Le tecniche usate dall’artista sono il frottage, la decalcomania, ma anche il dripping. Altro protagonista del panorama surrealista è Juan Mirò. Le intenzioni dell’artista si realizzano pienamente nella forza creatrice e positiva di costruzione di un mondo di figure energiche e vitali. Forme e colori semplici, colori vivaci e continui richiami tra la necessità di figurazione e di astrazione realizzano una suggestiva unione di elementi che stanno al limite tra l’ignoto, il conosciuto, l’essere umano e l’animale. Le opere di Salvador Dalì invece mostrano l’intenzione di mantenere lo spettatore in un stato di ambiguità della percezione, portandolo all’interno di un mondo che associa caratteristiche reali a totali divagazioni folli, riconoscibili come vere unicamente nella dimensione del sogno. Con René Magritte lo sguardo visionario parte dal mondo reale per tornare ad esso, ma tramite la ricerca di tutti quegli aspetti misteriosi e possibili, non corrispondenti alla logica del conosciuto, ma che possono essere colti nel mondo ricreabile attraverso la pittura. (da Artway.it)
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