Il
Futurismo Nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti scrive il Manifesto di fondazione del Futurismo, pubblicato sul Figaro del 20 febbraio dello stesso anno. Nato ad Alessandria d’Egitto, nel 1876, da genitori Italiani, avrà una formazione intellettuale segnata dalla cultura francese di fine ottocento. Origini Simboliste del Futurismo: la scrittura del manifesto è ricca di immagini evocanti il piacere individuale delle sensazioni, con uno stile vicino ad un altro testo del poeta, quello di Uccidiamo il chiaro di luna, dell’aprile 1909; dal linguaggio simbolista nasce dunque una nuova esperienza poetica, quella futurista. Nel gennaio del 1910 Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Russolo, incontrano Marinetti associandosi al nuovo movimento; a questi si uniscono successivamente Severini, Balla, Bonzagni e Romani. Questi ultimi due si ritireranno dopo le prime critiche suscitate dalle teorie del gruppo. L’undici del febbraio 1910 è edito il Manifesto dei pittori futuristi, per i tipi della rivista Poesia; è da notare il tono violento del testo. A questo manifesto segue un altro più specifico: il Manifesto tecnico, datato 11 aprile 1910. Alcuni anni dopo, nel 1914, Antonio Sant’Elia curerà la stesura del Manifesto dell’architettura futurista. Il 30 aprile 1910 sono esposte pubblicamente, in una sezione della Mostra d’arte libera le prime opere del gruppo. La sede dell’esposizione era stata ricavata in un padiglione in disuso della fabbrica Ricordi, alla periferia di Milano. Boccioni espone, tra le altre opere, La città sale; Il lutto,1910; La risata, 1911; Carrà e Russolo espongono opere basate sullo studio delle forme in movimento. Significato del futurismo: gli aderenti al movimento contestavano la cultura tradizionale e si contrapponevano al mito dell’arte antica sostituendolo con nuovi miti moderni quali quello dell’industria, dei motori, della velocità e, più in generale, di tutto ciò che ai loro occhi volesse dire progresso. Non pochi erano i collegamenti con la cultura romantica dell’ottocento e con l’estetica dannunziana di fine ottocento e primi del novecento. Giacomo Balla: è interessato al metodo divisionista e sviluppa una tendenza per i temi sociali, come si vede dal dipinto La pazza, del 1905. Nato a Torino nel 1871 è a Roma dal 1895. Nel 1900 visita l’Esposizione Universale a Parigi. Portato all’osservazione attenta ed analitica della natura realizza, tra il 1902 e il 1910 opere come Elisa ai giardini, Ritratto della Signora Pisani, il pannello Villa Borghese – Parco dei Daini. Successivamente studierà, sempre in senso analitico, il movimento e i suoi effetti nella rappresentazione del dinamismo, come si nota in Dinamismo di un cane al guinzaglio, del 1912, e in due altre opere dello stesso periodo Le mani del violinista e Bambina che corre sul balcone. Gino Severini: Nato a Cortona nel 1883 è a Roma dal 1899, dove conosce Boccioni. Da opere come Via di Porta Pinciana al tramonto, Venditore di Cialde – Avenue Trudaine, Primavera a Montmartre, si vede l’influenza che su di lui ebbe la pittura di Balla. Nell’ottobre del 1906 parte per Parigi, dove si stabilisce. Nella capitale francese frequenta Amedeo Modigliani, Picasso, , Braque, Max Jacobe, Juan Gris, Paul Fort, André Salmon. Sarà Boccioni ad invitarlo ad aderire al movimento futurista. Umberto Boccioni: Nasce a Reggio Calabria nel 1882; si trasferisce con la famiglia a Genova, Padova, Catania e, infine, si stabilisce a Roma verso la fine del 1899. Entra in contatto con l’ambiente artistico romano e risente dell’influenza del simbolismo e del post-impressionismo. Nel 1907 è a Milano dove trae dalla lezione di Previati l’interesse per una pittura d’immagini a carattere psicologico; di questo periodo sono il Ritratto della madre. Fondamentale è l’interesse di Boccioni per la moderna società industriale. Alcune opere del periodo prefuturista sono: Ritratto della madre,1907; Autoritratto, 1908; Officine a Porta Romana, 1908. Dal 1910, anno del manifesto, ha inizio lo sviluppo delle principali tematiche futuriste: il dinamismo e le sue linee di forza, la compenetrazione di piani, la fusione di più soggetti o del soggetto con l’ambiente, la polemica dell”antigrazioso”. Le opere più rappresentative di questo periodo sono: Visioni simultanee, 1911; Il trittico degli Stati d’animo composto da Gli addii, Quelli che vanno, Quelli che restano. Negli ultimi anni di vita, Boccioni abbandona la componenti simbolista ed espressionista a vantaggio di una più attenta lettura e indagine della forma; è evidente l’attenzione rivolta al cubismo di Picasso e di Braque. Tra le varie critiche rivolte al futurismo dagli ambienti intellettuali dell’epoca, notevole per asprezza è quella di Ardengo Soffici, scrittore e pittore, molto vicino all’ambiente culturale francese, in particolare interessato a Picasso e a Braque. (da artway.it)
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